mercoledì 28 gennaio 2009

Come si può raccontare una fiaba?


In alcuni post precendenti vi ho presentato qualche analisi di alcune fiabe più conosciute; in questo momento invece, vi voglio presentare qual è il modo migliore per raccontare una fiaba.


Prima di raccontare qualsiasi storia, è importante leggere più volte il testo e cogliere i punti che più hanno colpito. Una volta fissati questi punti, sarà determinante lasciare andare la fantasia e l’immaginazione: le idee e le invenzioni che nasceranno aiuteranno a rendere divertente e personale la narrazione, che potrà utilizzare non solo modi recitativi ma anche oggetti.
Ad esempio una musica potrebbe creare momenti di intensa suggestione. Oppure l’utilizzo di un oggetto comune potrebbe significare in modo fantastico cose e fatti del racconto: una coperta può essere non solo coperta, ma anche un mantello, un sipario, una tenda; la coperta può essere anche magica e, coprendo cose, farle sparire; una scopa può diventare un cavallo, un timone per viaggiare con la fantasia; un tavolo, invece, può diventare una capanna, un castello o un ponte; un letto può diventare una nave, un carro o una diligenza.

Non occorre trovare tanti oggetti, ne basta solo uno. La chiave è avere l'inventiva di utilizzarlo con fantasia e immaginazione, cercando però di non allontanarsi troppo dalla storia.

Una fiaba si può anche costruire personalmente: basta cambiare i nomi ed i luoghi di fiabe che già si conoscono, oppure inventarne di nuove, magari con l'aiuto di qualche oggetto.

domenica 18 gennaio 2009

Fratello e Sorella


Altra storia trattata da Bruno Bettelheim in Il mondo incantato, è quella di Fratello e Sorella.

In questa storia dei fratelli Grimm i protagonisti rappresentano le disperate nature dell'Es, dell'Io e del Super-Io, ed il messaggio principale è che esse devono essere integrate perchè l'individuo possa raggiungere la felicità. Qui le arti malefiche di uno "spirito malvagio" trasformano un fratello in un animale, mentre l'altro rimane umano. E' difficile concepire un'immagine più vivida, succinta e immediatamente convincente delle nostre contradditorie propensioni. Per buona parte della nostra esistenza, quando non siamo riusciti a raggiungere o a mantenere la nostra integrazione interiori, questi due aspetti della nostra psiche sono in lotta fra loro. La constatazione che una certa cosa sucita in lui contemporaneamente due sensazioni diverse confonde il bambino. La comprensione di questa dualità richiede una percezione dei processi interiori che è facilitata dalle fiabe. Queste fiabe iniziano con un'originaria mancanza di diferenziazione tra i due fratelli: essi vivono assieme e provano gli stessi sentimenti, sono inseparabili. Ma poi, ad un certo punto del processo di crescita, uno di loro comincia a vivere un'esistenza animale, e l'altro no. Alla fine della storia, l'animale riprende la forma umana; i due fratelli si ricongiungono per non separarsi più. E' questo il modo simbolico della fiaba di espreimere gli elementi essenziali dello sviluppo della personalità umana: in primo tempo la personalità del bambino è indifferenziata; poi, da questo stadio, si sviluppano l'Es, l'Io e il Super-Io. In un processo di maturazione essi devono essere integrati. Essere cacciato di casa rappresenta la necessità di diventare se stessi. L'autorealizzazione esige l'abbandono della casa e della sua orbita: un'esperienza dolorosissima che presenta molti pericoli psicologici. Questo processo di sviluppo è inevitabile; il dolore è simboleggiato dal dispiacere che i bambini provano per essere costretti ad andarsene di casa. I rischi psicologici insiti in questo processo sono rappresentati dai pericoli che l'eroe incontra nei suoi viaggi. In questa storia il fratellino rappresenta l'aspetto di pericolo di un'unità essenzialmente inseparabile, e la sorella, come simbolo delle cure materne, è la salvatrice. La fiaba non lascia nessun dubbio nella mente del bambino che è necessario sopportare il dolore ed accettare dei rischi, perchè bisogna conquistare la propria identità personale; il bambino che comprende e fa proprio il messaggio della fiaba, troverà la vera dimora della sua più intima individualità. La sorella, che rappresenta le funzioni mentali superiosi (l'Io e il Super-Io), mette sull'avviso il fratello, che (dominato dall'Es) è pronto a lasciarsi trascinare dal suo desiderio di immediata gratificazione. Con l'intensificarsi della pressione dell'Es, esso sopraffà i freni dell'Io e del Super-Io (gli ammonimenti della sorella perdono il loro potere di controllo). Ma finchè non abbiamo raggiunto una piena integrazione della nostra personalità, il nostro Es (le nostre pressioni istintuali, la nostra natura animale) convive in una pace precaria col nostro Io (la nostra razionalità). Mentre il fratello ha superato la sua prova, la sorella non ha attraversato la stessa esperienza. L'integrazione degli aspetti disparati della nostra personalità, può essere raggiunta soltanto dopo l'eliminazione di quelli associali, distruttivi ed ingiusti, e questo non può essere raggiunto finchè non abbiamo raggiunto la piena maturità. La storia suggerisce inoltre due grandi scossoni della vita: l'abbandono della casa parentale e la creazione di una famiglia propria. Il contrasto fra la condotta del fratello, che cede agli stimoli dei suoi desideri istintuali, e il comportamento della sorella, improntato ad una premura e ad un senso di responsabilità verso altre persone motivati dall'Io e dal Super-Io, indica chiaramente in che cosa consistono la battaglia per l'integrazione e la vittoria in questa lotta.

mercoledì 14 gennaio 2009

Biancaneve


Bruno Bettelheim, nel suo libro, tratta diverse storie...tra queste c'è anche Biancaneve. Il titolo in cui la fiaba è attualmente conosciuta è Biancaneve e i sette nani, versione che mette l'attenzione sui nani che, non sviluppandosi fino a raggiungere la maturità umana, sono bloccati in modo permanente ad un livello pre-edipico. Nella famosa storia, la donna più anziana gelosa non è la madre di Biancaneve ma la sua matrigna, così i problemi edipici che si possono ritrovare in altre versioni, sono lasicati all'immaginazione del lettore. Gli anni che Biancaneve trascorre con i nani rappresentano il suo periodo di avversità, di problemi da superare, il suo periodo di sviluppo. Secondo Bettelheim, "sono poche le fiabe che aiutano l'ascoltatore a distinguere fra le principali fasi dello sviluppo infantile così nettamente come Biancaneve". In Biancaneve, come in moltre altre fiabe, compare un uomo che può essere visto come una rappresentazione inconscia del padre: il cacciatore che riceve l'ordine di uccidere Biancaneve ma invece le salva la vita. La lotta edipica della ragazza non viene repressa, ma messa in atto con la madre come rivale. Il padre-cacciatore manca di assumere una posizione energica e ben definita; non fa il suo dovere verso la regina, e non assolve il suo obbligo morale verso Biancaneve. Non la uccide, ma l'abbandona nel bosco, dove pensa verrà divorata dalle bestie. Il cacciatore cerca di placare sia la matrigna, sia la figlia; l'odio e la gelosia della donna sono la conseguenza dell'ambivalenza paterna. Il padre debole non serve molto a Biancaneve.

martedì 13 gennaio 2009

Una fiaba...tante chiavi di lettura


Navigando su internet, ho trovato un articolo che vede la fiaba come ponte tra le culture...argomento che vi ho già proposto... Alla fine di questo articolo ho trovato un link che mi rimandava ad una finestra dove si parla dei diversi modi di interpretare una fiaba, e quindi ho deciso di trattare quest'argomento, in quanto, al giorno d'oggi, mi sembra utile vedere i modi di pensare delle diverse culture.


La fiaba, un genere letterario apparentemente semplice per immediatezza ed efficacia, in realtà nasconde strutture molto complesse che sono state classificate ed interpretate. Bettelheim afferma che: “Il significato della fiaba è diverso per ciascuna persona, e diverso per la stessa persona in momenti differenti della sua vita. Il bambino trae un significato diverso della stessa fiaba a seconda dei suoi interessi e bisogni del momento. Quando gliene viene data l’occasione, egli ritorna alla stessa storia quando è pronto a elaborare vecchi significati, o a sostituirli con significati nuovi”.

Diversi sono stati gli approcci e le chiavi di lettura della fiaba, nonché i tentativi di ricondurla in schemi fissi.


Lettura in chiave etnologica (Propp)

Propp collega la fiaba agli antichi riti d’iniziazione. I racconti avrebbero sostituito gli antichi riti d’iniziazione e i riti di passaggio delle civiltà preistoriche.
In base a questa interpretazione Cappuccetto rosso rappresenta l’iniziazione alla vita adulta; la foresta è il luogo di passaggio; il lupo l’inghiottimento simbolico e la reale permanenza all’interno dell’animale totem; la rinascita e il ritorno nel mondo rappresentano il suo ingresso nella vita adulta.


Lettura in chiave storico-ideologica (Dartnton)


La fiaba rispecchia i momenti storici e i confini politici tra le classi sociali; è quello che Dartnton sostiene storicizzando le fiabe e inserendole nel loro contesto storico-politico.
Utilizzando questa chiave di lettura Cappuccetto rosso e la nonna si trovano a essere divorate senza aver fatto nulla di male; e ciò non sconvolge quegli uditori abituati a subire ogni genere di sopruso dai potenti locali, che non ricevono nessuna spiegazione né tantomeno hanno il diritto di chiederla. Questa interpretazione si adatta a tutte le fiabe medioevali, e può aver ispirato un autore come Dallari nella stesura di Cenerentola, Biancaneve, Il gatto con le scarpacce. La messa in discussione di una Cenerentola passiva di fronte al suo destino proviene dalla critica femminista, secondo cui le sorellastre e la matrigna, desiderose di emancipazione e scelte mondane, sono contrapposte a una Cenerentola noiosa e assillata dalle pulizie, nevrotica ma devota al suo dovere, che non mette in discussione per nessun motivo. Queste controfiabe non hanno avuto molto successo perché dissacrano pilastri culturali intoccabili da secoli. Il tentativo di ribaltare in modo provocatorio qualche elemento della fiaba classica, e di rielaborarla in maniera ironica dinamicizzando un’impostazione statica e immobilistica, non hanno trovato riscontro. L’atteggiamento di rifiuto, da parte di insegnanti e genitori, non riguardava l’ideologia, ma lo strumento utilizzato.


Lettura mitologica della fiaba


La fiaba viene collegata ai fenomeni naturali, all’alternarsi del giorno e della notte e delle stagioni, ai rituali degli antichi miti relativi ai conflitti fra gli uomini e alla spiegazione dell’origine del mondo. Secondo questa lettura in Cappuccetto Rosso la luce del giorno (il sole rosso) è inghiottita dalla notte (il ventre del lupo) per rinascere a nuova vita quando il cacciatore la libera.

Lettura in chiave psicoanalitica (Freud, Bettelheim, Jung, Von Franz…)


Secondo questi autori la fiaba è espressione di una precisa struttura psichica profonda, per lo più inconscia, di valore universale. La fiaba, i lapsus, i sogni sono valvole attraverso le quali l’inconscio comunica e porta alla luce i problemi rimossi.
Con la chiave psicanalitica, secondo la scuola freudiana ripresa da Bettelheim, Cappuccetto Rosso rappresenta l’incontro della preadolescente con la sessualità adulta. Il rosso del cappuccio rappresenta la prima mestruazione; le raccomandazioni e i divieti della mamma i pericoli della sessualità; la trasgressione di Cappuccetto Rosso il tentativo di eliminare la madre come rivale sessuale; il lupo la parte maschile seduttiva e distruttiva contro il cacciatore, figura paterna responsabile, forte e salvatrice. L’inghiottimento della fanciulla rappresenta l’incontro sessuale, e la sua espulsione, tramite l’apertura della pancia, il parto, la nuova nascita di un livello di raggiunta maturità. È importante sottolineare, a questo proposito, la ricucitura della pancia del lupo, che è stata riempita di sassi, per superare le angosce del parto e della morte a esso legate, che inevitabilmente il bambino associa a questo passaggio della fiaba (come già specificato nel post riguardante questa fiaba). Il lieto fine delle fiabe consente, nella prima e seconda infanzia, di affrontare i problemi esistenziali e di identificazione sessuale uscendone indenni, e di approdare a una maturità affettiva e sessuale.
Von Franz interpreta le fiabe partendo dalla corrente psicoanalitica junghiana, che consente maggior libertà di movimento perché non ha categorie già preordinate e fisse (la libido e lo sviluppo sessuale), e lascia che la fiaba parli autonomamente. Gli archetipi e l’inconscio collettivo sono i punti nodali di questo tipo di interpretazione.

lunedì 12 gennaio 2009

Barbablù


Nell'ultimo post vi ho analizzato una fiaba molto conosciuta...quindi ho pensato di proseguire allo stesso modo. Oggi vi racconto brevemente la storia di Barbablù, e poi continuo con la morale...


Barbablù è un inquietante signore molto ricco, dotato di un’enorme barba turchina. Dopo essersi sposato numerose volte, riesce a contrarre un nuovo matrimonio con una ragazza in attesa di marito. Lei, una volta sposata, nonostante il divieto di Barbablù di aprire la porta della cantina del palazzo in cui vivono, disobbedisce e riesce a scoprire un segreto: i cadaveri delle precedenti mogli del marito.


La morale della fiaba è che la curiosità è un brutto vizio: fonte di guai, causa di ogni calamità. Una passione sciocca, inutile e triviale, che, soddisfatta, non produce mai niente, e costa spesso più di quel che vale.

mercoledì 7 gennaio 2009

Origini e interpretazione di Cappuccetto Rosso


La storia di Cappuccetto Rosso viene fatta risalire alla tradizione orale di diverse regioni europee, ed è sata trascritta, tra gli altri, da Charles Perrault e dai fratelli Grimm. Si sa che la fiaba era narrata già nel XIV secolo in Francia. "La finta nonna" è il titolo di una antica versione italiana della fiaba, in cui Cappuccetto Rosso riesce a sconfiggere il lupo basandosi esclusivamente sulla propria astuzia. Alcuni sostengono che questa versione sia più vicina all'originale, e che il personaggio del taglialegna sia stato aggiunto successivamente per suggerire l'idea maschilista che nonna e nipote non potessero salvarsi senza l'aiuto di un uomo. Pur essendo una delle fiabe più raccontate ai bambini, Cappuccetto Rosso contiene numerosi riferimenti piuttosto espliciti alla sessualità ed alla violenza. La versione di Perrault è più sinistra di quella successiva (e meglio nota) dei Grimm. La principale differenza tra le due versioni sta nel fatto che nella trascrizione di Perrault non c’è nessun lieto fine e la fiaba termina con Cappuccetto e la nonna dentro la pancia del lupo, mentre nella versione dei fratelli Grimm viene inserita la figura del cacciatore che, tagliando la pancia del lupo salva le due sventurate. La storia narrata da Perrault quindi non trova una redenzione di Cappuccetto Rosso, ma si pone il fine di terrorizzare i bambini per non farli deviare dal sentiero che metaforicamente sono le raccomandazioni dei genitori. Al termine del racconto, Perrault fornisce una spiegazione esplicita della morale, dalla quale non è difficile estrarre l'evidente contenuto sessuale: da questa storia si impara che i bambini, e specialmente le giovanette carine, cortesi e di buona famiglia, fanno molto male a dare ascolto agli sconosciuti; e non è cosa strana se poi il lupo ottiene la sua cena; è del tutto evidente che il lupo rappresenti un seduttore che indica le bellezze della natura, alla bambina da poco entrata nella pubertà. Quindi la ragazzina è diventata una donna matura e si trova di fronte al problema del sesso. L’ammonimento di “non allontanarsi dal sentiero” è un chiaro avvertimento contro i pericoli del sesso e contro quelli di perdere la propria verginità. Il “cappuccetto rosso” è un simbolo delle mestruazioni che conduce la bambina nella “oscura foresta” della femminilità, ma in molte tradizioni popolari una giovane donna nel bosco viene metaforicamente associata alla prostituzione; nella Francia del XVII secolo, la mantellina rossa era un segnale molto esplicito in questo senso. La voracità del lupo, la sua brama di carne, lo associa al concetto sadico infantile di “coito”, caratteristico della fase orale, pregenitale, chiamata anche “cannibalica” dallo stesso Freud. Nella fase orale dello sviluppo si manifesta la pulsione sessuale attraverso la nutrizione. Il lupo di Cappuccetto Rosso utlizza una modalità cannibalica di rapportarsi a lei. A questo punto sembra chiaro che il lupo rappresenti l’uomo, visto come un animale crudele e astuto, e l’atto sessuale è descritto come un atto di cannibalismo in cui il maschio divora la femmina.Nella versione di Perrault, la favola termina con una regressione della bambina, intrappolata nel ventre materno: non si verifica un’iniziazione al mondo adulto, permessa invece nella versione dei fratelli Grimm dal cacciatore. Nel XIX secolo, due versioni tedesche della fiaba furono raccontate ai fratelli Grimm da Jeanette Hassenpflug (1791–1860) e Marie Hassenpflug (1788–1856). I Grimm trasformarono una delle due versioni nella storia principale, e la seconda in un seguito. La prima, col titolo Rotkäppchen, fu inclusa nella prima edizione della loro raccolta Kinder- und Hausmärchen (1812). In questa versione la ragazza e sua nonna venivano salvate da un cacciatore interessato alla pelle del lupo. Nella seconda storia, Cappuccetto Rosso e sua nonna, grazie all'esperienza acquisita con il primo lupo, riuscivano a catturarne e ucciderne un altro. I Grimm continuarono a rivedere la storia nelle edizioni successive; quella meglio nota è la revisione finale, del 1857, con il taglialegna che sostituisce il cacciatore. Cappuccetto Rosso, nelle sue varianti, può essere messa in relazione con altre fiabe e miti analoghi. Il tema delle vittime estratte sane e salve dalla pancia del lupo, in particolare, si trova quasi identico nella fiaba russa Pierino e il lupo, ed è una variante di un'idea almeno antica quanto il Libro di Giona. Un'altra versione alternativa e assai più inusuale della favola di “Cappuccetto Rosso” è Red Hot Riding Hood, celebre cartone animato, diretto da Tex Avery, che vede la protagonista come una star femminile particolarmente provocante impiegata come cantante in un night-club.

Il cacciatore rappresenta la parte buona dell’uomo, il padre, senza il quale, in una visione maschilista, la donna non può essere salvata. tema delle vittime estratte sane e salve dalla pancia del lupo, permette al bambino di allontanare l’angoscia provocata dalla storia e di confrontarsi con le proprie paure ed i propri aspetti sia positivi che negativi, ed opera in questo modo una sorta di catarsi.


Fra le fiabe classiche, Cappuccetto Rosso è una di quelle che si prestano di più a un'analisi del sottotesto, ovvero dei messaggi impliciti o nascosti. Già Bruno Bettelheim ha evidenziato come la fiaba si presti a una interpretazione freudiana. Se è evidente la presenza di contenuti sessuali nella storia le interpretazioni discordano sostanzialmente solo su quello che potrebbe essere inteso come significato principale.

lunedì 5 gennaio 2009

La fiaba come ponte tra le culture

La fiaba è un genere letterario universale, caratterizzato da una struttura narrativa costante; può essere smontata, modificata e ricostruita, e anche perché si presta a numerosissimi itinerari didattici e percorsi immaginativi.

La sua struttura costante e facilmente riconoscibile risulta rassicurante, familiare, e dà stabilità e sicurezza, due elementi importanti nell’età evolutiva. Ogni bambino ha bisogno della sua fiaba, quella che inconsapevolmente lo rassicura, lo fa crescere, l’aiuta ad affrontare i nodi cruciali dell’esistenza, gli dà fiducia che potrà cavarsela in qualsiasi situazione, e gli offre un maggior controllo sulle pulsioni interiori e gli eventi esterni.

Molto è stato scritto, in questi ultimi anni, sulla capacità della fiaba di legare culture e storie diverse. Sono state pubblicate anche diverse proposte didattiche sull’utilizzo della fiaba come tappa obbligatoria dello sviluppo del bambino, come possibilità di ancorare affettivamente ed emotivamente l’immaginario del bambino a culture, ambienti, protagonisti lontani. Si deve anche sottolinere il potenziale educativo della fiaba anche in questa veste “cosmica”. Lavorare con la fiaba multietnica diventa allora un’esperienza educativa molto significativa, soprattutto se riusciamo ad arricchire la valenza aggregativa e partecipativa della parola con altri codici (intenzionale, mimico, paralinguistico, cinesico…), se si coinvolgono tutti i partecipanti nell’interazione comunicativa, con un’intensità che riporta il racconto alle sue origini, all’incontro sapienzale, nel nostro caso, con le terre africane.

Questi codici, sostitutivi della scrittura, ci riportano al valore della tradizione orale e alla sua pregnanza vitale per le popolazioni africane, perché essa era, e in parte è ancora, la funzione comunicativa per eccellenza. La fiaba offre un terreno d’incontro che non ha barriere né temporali, né etniche, né d’età: l’immaginario nutre la capacità d’immaginare, mobilita le risorse della fantasia infantile, “crea spazio per altre cose, non utili, come la poesia, la musica, l’arte, cose che riguardano direttamente la felicità dell’uomo e non la sua utilizzazione in una qualsivoglia macchina produttiva”, come dice Rodari, che aggiunge: “non credo che la fantasia sia evasione, ma uno strumento della mente, capace di esprimere e formare una personalità più ricca”. La fiaba, scrive Calvino, riesce a “realizzare massimi risultati servendosi di pochissimi mezzi”. Da un lato scatena e mette in campo le dinamiche identificativa-protettiva, dall’altro permette una ripresa rapida dell’esercizio di razionalità. La fiaba è una fonte di piacere, un’attività lucida importante per tutte le età.

Se, all’interno della scuola o di altri gruppi, si creano relazioni e punti d’incontro con ragazzi e bambini di altre culture, la fiaba ci aiuta a costruire orizzonti comuni partendo da storie diverse, ci aiuta ad affermare i valori della società e della tolleranza. Il bambino straniero si sente veramente accolto quando si è creata con i compagni e la struttura scolastica una relazione protettiva e amica. Allora è bello raccogliere a ruota libera i frammenti e i ricordi delle sue radici, delle sue origini o sollecitarlo a raccontare le fiabe della propria terra, magari con l’aiuto dei genitori… Questo permette di conoscere l’immagine che l’altro porta dentro, dà la possibilità di esprimere affetti, nostalgie, ricordi, recuperare esperienze passate in vista di situazioni e bisogni presenti. La narrazione diventa così la possibilità di dar vita alle emozioni, ai ricordi, alle cose vicine e lontane.

Mentre molto è stato scritto sulla trasmissione orale di fiabe e favole delle culture a noi vicine, pochissimo è stato invece fatto in riferimento alle culture extraeuropee. L’ondata massiccia d’immigrazione ha aperto, inevitabilmente e inesorabilmente, anche i nostri confini culturali e così sono nate diverse raccolte di fiabe o racconti, con introduzioni a didattiche interculturali. È un processo recente, spinto a volte da organismi di volontariato o realtà missionarie che hanno accesso diretto alle fonti, oppure da associazioni o progetti d’inserimento immigrati.