lunedì 5 gennaio 2009

La fiaba come ponte tra le culture

La fiaba è un genere letterario universale, caratterizzato da una struttura narrativa costante; può essere smontata, modificata e ricostruita, e anche perché si presta a numerosissimi itinerari didattici e percorsi immaginativi.

La sua struttura costante e facilmente riconoscibile risulta rassicurante, familiare, e dà stabilità e sicurezza, due elementi importanti nell’età evolutiva. Ogni bambino ha bisogno della sua fiaba, quella che inconsapevolmente lo rassicura, lo fa crescere, l’aiuta ad affrontare i nodi cruciali dell’esistenza, gli dà fiducia che potrà cavarsela in qualsiasi situazione, e gli offre un maggior controllo sulle pulsioni interiori e gli eventi esterni.

Molto è stato scritto, in questi ultimi anni, sulla capacità della fiaba di legare culture e storie diverse. Sono state pubblicate anche diverse proposte didattiche sull’utilizzo della fiaba come tappa obbligatoria dello sviluppo del bambino, come possibilità di ancorare affettivamente ed emotivamente l’immaginario del bambino a culture, ambienti, protagonisti lontani. Si deve anche sottolinere il potenziale educativo della fiaba anche in questa veste “cosmica”. Lavorare con la fiaba multietnica diventa allora un’esperienza educativa molto significativa, soprattutto se riusciamo ad arricchire la valenza aggregativa e partecipativa della parola con altri codici (intenzionale, mimico, paralinguistico, cinesico…), se si coinvolgono tutti i partecipanti nell’interazione comunicativa, con un’intensità che riporta il racconto alle sue origini, all’incontro sapienzale, nel nostro caso, con le terre africane.

Questi codici, sostitutivi della scrittura, ci riportano al valore della tradizione orale e alla sua pregnanza vitale per le popolazioni africane, perché essa era, e in parte è ancora, la funzione comunicativa per eccellenza. La fiaba offre un terreno d’incontro che non ha barriere né temporali, né etniche, né d’età: l’immaginario nutre la capacità d’immaginare, mobilita le risorse della fantasia infantile, “crea spazio per altre cose, non utili, come la poesia, la musica, l’arte, cose che riguardano direttamente la felicità dell’uomo e non la sua utilizzazione in una qualsivoglia macchina produttiva”, come dice Rodari, che aggiunge: “non credo che la fantasia sia evasione, ma uno strumento della mente, capace di esprimere e formare una personalità più ricca”. La fiaba, scrive Calvino, riesce a “realizzare massimi risultati servendosi di pochissimi mezzi”. Da un lato scatena e mette in campo le dinamiche identificativa-protettiva, dall’altro permette una ripresa rapida dell’esercizio di razionalità. La fiaba è una fonte di piacere, un’attività lucida importante per tutte le età.

Se, all’interno della scuola o di altri gruppi, si creano relazioni e punti d’incontro con ragazzi e bambini di altre culture, la fiaba ci aiuta a costruire orizzonti comuni partendo da storie diverse, ci aiuta ad affermare i valori della società e della tolleranza. Il bambino straniero si sente veramente accolto quando si è creata con i compagni e la struttura scolastica una relazione protettiva e amica. Allora è bello raccogliere a ruota libera i frammenti e i ricordi delle sue radici, delle sue origini o sollecitarlo a raccontare le fiabe della propria terra, magari con l’aiuto dei genitori… Questo permette di conoscere l’immagine che l’altro porta dentro, dà la possibilità di esprimere affetti, nostalgie, ricordi, recuperare esperienze passate in vista di situazioni e bisogni presenti. La narrazione diventa così la possibilità di dar vita alle emozioni, ai ricordi, alle cose vicine e lontane.

Mentre molto è stato scritto sulla trasmissione orale di fiabe e favole delle culture a noi vicine, pochissimo è stato invece fatto in riferimento alle culture extraeuropee. L’ondata massiccia d’immigrazione ha aperto, inevitabilmente e inesorabilmente, anche i nostri confini culturali e così sono nate diverse raccolte di fiabe o racconti, con introduzioni a didattiche interculturali. È un processo recente, spinto a volte da organismi di volontariato o realtà missionarie che hanno accesso diretto alle fonti, oppure da associazioni o progetti d’inserimento immigrati.

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