domenica 21 dicembre 2008

L'elemento sogno in Alice nel Paese delle Meraviglie


Nel precedente post vi ho parlato un pò di cos'è il sogno e di Sigmund Freud; era un argomento che avevo analizzato anche nella tesina dell'esame di Stato, e avevo collegato l'argomento con la storia di Alice nel Paese delle Meraviglie. Quindi oggi ho pensato di analizzare la storia, vedendola dal punto di vista del sogno.


Alice nel Paese delle Meraviglie si svolge in un sogno, ma inizia e termina nella realtà; si articola nella dimensione onirica dela protagonista. Nel libro, il senso dilatato del tempo e dello spazio è quello interiore, tipico del sogno. La storia di Alice è il racconto di un viaggio fantastico; ogni dubbio cessa nel momento in cui la bambina si sveglia e si rende conto che era un'invenzione. L'uscita dal sogno di Alice avviene quando la protagonista dichiara "Non siete che un mazzo di carte!", la frase con cui riporta ogni cosa al suo posto e al suo ruolo, ristabilendo la divisione tra animato ed inanimato, frase che dissolve e vanifica il Paese delle Meraviglie. Una buona parte dei non sensi logici consistono nel prendere troppo alla lettera le proposizioni, oppure troppo poco; esiste, quindi, un implicito legame trà sanità mentale e capacità linguistica, che il Gatto del Cheshire rende esplicito quando, all'affermazione di Alice "Non voglio andare fra i matti!", risponde "Non puoi evitarlo, perchè qui siamo tutti matti. Anche tu sei matta, altrimenti non ci saresti venuta". La pazzia è una costante che si ritrova in molti personaggi in cui Alice si imbatte, e Carrol (l'autore) riteneva che una delle sue manifestazioni fosse il non saper distinguere il sogno dalla realtà. Nel libro questi due aspetti sono separati: alla fine Alice si risveglia, scopre dei aver sognato e racconta il sogno alla sorella.

lunedì 15 dicembre 2008

Cos'è il sogno attraverso la teoria di Freud


Nei precedenti post vi ho parlato dei sogni, della loro interpretazione e di Freud, quindi ho voluto approfondire l'argomento. Sigmund Freud è il maggior studioso della dimensione onirica; lui ritiene che il sogno è la via privilegiata di accesso all'inconscio. Secondo lui il lavoro onirico è l'appagamento di desideri non realizzati, che chiama desideri rimossi. Afferma che il sogno è frutto di un'intensa attività psichica: il processo onirico; grazie a questo lavoro sul rivestimento simbolico dei sogni, i desideri più nascosti di una persona possono esprimersi liberamente. Tutto ciò si verifica perchè il sogno non si presenta ad una lettura superficiale e scontata, ma ha un significato nascosto che occorre ricosctruire. Freud scoprì l'esistenza di due livelli nel sogno: uno manifesto ed uno latente (nascosto). Il livello manifesto è dato dalle scene del film mentale che rappresentiamo durante l'attività onirica, e di cui ci ricodriamo al risveglio. Il contenuto latente, invece, contiene ciò che il contenuto manifesto nasconde e che l'interpretazione deve svelare. Per questo il sogno deve essere interpretato.

Ma perchè i bisogni rimossi emergono durante il sonno? Emergono durante il sonno perchè, in questo stato, la sorveglianza da parte della ragione è ridotta e, di conseguenza, i sentimenti del passato possono riemergere con maggiore facilità.

venerdì 12 dicembre 2008

6. La dimensione gruppale e l’atelier-fiaba


Il racconto appartiene ad un gruppo sociale. Parla alla parte infantile del bambino e dell'adulto. Il racconto è letto e sentito in gruppo, recitato in gruppo, il disegno è elaborato in gruppo. Il gioco psicodrammatico o gioco di ruolo generato dall’atelier-fiaba permette al bambino di utilizzare la struttura del racconto per parlare di lui, associare in gruppo, utilizzare lo specchio del gruppo e la funzione accogliente, contenente e disintossicante degli adulti nel gruppo (se sono formati a queste tecniche). Per certi bambini che provengono da ambienti sfavoriti è meno costrittivo della terapia individuale, perché si è nel campo del fantasma, del non vero, del meraviglioso e del gioco ed è meno colpevolizzante per i genitori: "perché il racconto, si conosce”, dicono spesso. Si porranno, a seconda l'esperienza dei curanti, alcune domande teoriche: gruppo chiuso, gruppo aperto, gruppi a incastro, gruppi complementari, gruppi dei genitori in parallelo per provocare un lavoro di inter-fantasmatizzazione tra due gruppi? Il racconto è perfetto nelle sue potenzialità, imperfetto nelle sue realizzazioni si dice, è un mediatore che apre a tutte le creatività dunque. Esige un lavoro mentale tra il narratore e gli ascoltatori e viceversa. Questo lavoro è gruppale, e per i curanti induce ad un lavoro trans-generazionale sull'assenza o la presenza di racconti tradizionali nella stirpe paterna e materna, secondo le origini regionali o talvolta etniche dei partecipanti. Quelli che lo utilizzano dicono che la sua narrazione in laboratorio è un mediatore ricco di potenzialità ed uno stimolante anti-dépréssivo per i curanti che si occupano di questi malati i quali producono vuoto, angoscia e caos nei pensieri di coloro che gli sono accanto.

martedì 9 dicembre 2008

5. L'elaborazione secondaria ed il racconto popolare nella cura


Il lavoro compiuto dal sistema psichico per dominare la tensione dei conflitti pulsionali è chiamato da Charcot, elaborazione psichica. L'elaborazione psichica induce sceneggiature di rappresentazioni che eviterebbero i corto-circuiti del sistema sensitivo-motorio, del sintomo e della crisi che egli descriveva presso gli isterici. Freud, allievo di Charcot, notò che se si vuole raccontare un sogno ad un interlocutore e se ci si vuole far comprendere da lui, si è obbligati a trasformarlo in un racconto orale che necessita di un lavoro di elaborazione psichica. Nell'isterico che "somatizza ", non ci sarebbe elaborazione psichica. L'elaborazione secondaria (definita da Freud parlando del sogno in Introduzione al narcisismo,1914), è un tipo di rimaneggiamento destinato a presentare il sogno, (spesso strano), sotto forma di un racconto relativamente coerente per essere trasmissibile e comprensibile dall’altro cui si trasmette. L'elaborazione secondaria necessariamente sceglie, aggiunge, censura per una migliore intelligibilità del ricevitore. Per i curanti è interessante conoscere i parametri dell'ambiente che influiscono consapevolmente o inconsapevolmente sulle piccole modifiche che il narratore si permette di fare sulla struttura di base ed è interessante conoscere le elaborazioni secondarie dei bambini o degli adulti che sono invitati a associare e a creare, nei tempi terapeutici complementari di questo tipo di lavoro (gioco, disegno, parola eccetera..). Le contaminazioni, le aggiunte, le infiltrazioni e soprattutto le associazioni che emergono sono essenziali. Bisogna saperle accogliere e lavorarle, conoscendo il contesto familiare, i traumi reali o immaginari associati, dal gruppo o dal bambino. L’invasione-contaminazione delle immagini televisive o dei videogame, necessitano un “savoir-faire” che bisogna differenziare dalla censura nell’ambiente pedagogico. La mia esperienza della narrazione in atelier-fiaba ed in atelier-gioco di ruolo è identica a quella dei pedagogisti. (Adam :Le Récit, édition PUF ,1984). I bambini prima di sei anni non possono elaborare un racconto ben strutturato con situazione iniziale, svolgimento, situazione finale e tenendo conto dell’impatto emozionale su chi li ascolta. Gli psicotici ci riescono tardivamente o alcuni mai, talmente tendono ad affettare in rondelle senza collegamento apparente le narrazioni abbastanza confuse che riescono a produrre talvolta nel loro mondo interiore, sempre molto caotico ed angosciante. È possibile parlare della funzione organizzatrice di questo tipo di racconto popolare perché, con una tecnica ben rodata, basata sull'accoglienza de “la deriva associativa controllata” e che si realizza mediante la pratica del racconto tradizionale (seminari e regolazioni), mi è apparso che con i bambini piccoli, i bambini confusi autistici o psicotici, ma anche i bambini senza figure familiari rassicuranti nel loro ambiente, le nostre tecniche di marchiatura delle sequenze di figurabilità dei conflitti dell'inconscio collettivo funzionavano nella diacronia delle sedute come un vero stimolo ad organizzare dei “ricordi-schermo" positivi, cioè un'agevolazione relativa al pensare ed al rimuovere fino a quel momento sconosciuta dal malato. Vediamo questi bambini in modo progressivamente ludico interessarsi ed utilizzare delle rappresentazioni di sceneggiature attraenti per la loro nitidezza e la loro poesia. Queste esperienze della vita fantasmatica nel gruppo adulto/bambino permettono loro un’anticipazione prospettica positiva a proposito di traumi reali o immaginari impossibili da rimuovere o vuoti di rappresentazioni espresse fin là. Con l'uso di questo mediatore è possibile arrivare ad un punto particolarmente interessante: il lavoro che fa il gruppo per la sua capacità di riciclare, riutilizzare l'esperienza di confronto con le angosce arcaiche trattate dal racconto scelto. Il racconto meraviglioso è un buon "innesto" per rappresentare e pensare i conflitti dell'oralità (Il Lupo e l'Orco sono interessanti archetipi) dell'analità e ad un grado inferiore della genitalità, che appartiene, piuttosto, al campo dei racconti burleschi. Come, nel gruppo istituzionale, proporre laboratori complementari (Laboratorio storie, laboratorio scrittura, laboratorio marionette, laboratorio psicodramma psicanalitico o Moreniano, laboratori di espressione musicale, danza eccetera) per favorire il re-impiego, il riciclaggio dell'interiorizzazione di conflitti che il racconto ha elaborato? Quante sedute di psicoterapia individuale difficili, con attacchi al setting, dovranno essere gestite da terapeuti capaci di contenimento ed informati sulla rappresentazione per analogia dell'identificazione proiettiva distruttrice nella seduta e nei racconti? L'elaborazione di senso in un racconto già lavorato in gruppo può aiutare il bambino nell'utilizzazione di una categoria del possibile a pensare ed a giocare: il fare finta o l'espressione della violenza "per falso" delle sequenze di certi racconti popolari, hanno potuto facilitare l'accoglienza e la metabolizzazione di questi momenti difficili di passaggio all'atto impulsivo, diversamente da ciò che succede quando si termina la seduta. In questi casi estremi, l'allusione ad un racconto ha un valore interpretativo ed è accettata più facilmente dal bambino "fuori da lui" rispetto all’analisi del trasfert per continuare a pensare insieme. Avere dei "contenitori di pensieri" in situazione di angoscia è sempre più utile invece del vuoto di rappresentazione o del corto circuito del passaggio all'attoimpulsivo

lunedì 8 dicembre 2008

4. La grande figurabilità delle immagini del racconto


Freud aveva già indicato il cammino facendo un'analisi comparativa delle qualità del sogno e del racconto. In entrambi i casi, vi sono spostamento, condensazione, censura e grande figurabilità delle immagini ecc. Ciò che ci interessa nella cura, è la grande figurabilità nelle immagini del racconto popolare (oggigiorno in fondo sono le immagini che segnano il quotidiano della vita dei bambini e degli adulti: pubblicità, immagini video, televisione.) Il racconto ha sempre ispirato gli illustratori, ed i bambini, prima di sapere leggere, segnano le sequenze interessanti puntando con un dito le illustrazioni che parlano loro. Nel laboratorio, le tre casette del T 124, (i Tre Piccoli porcellini), sono un'interessante illustrazione del concetto dell'io-pelle di Anzieu. Il gioco e i disegni dei bambini, su questo tema contenente e protettivo, sono una miniera d’informazioni per aiutare quelli che non possono costruire dei buoni involucri che proteggono le zone erogene rendendole métaforizzabili in contenitori di pensieri utili alla comunicazione gruppale. Infine, questa figurabilità ha portato certe produzioni artistiche come la danza, il cinema, la musica, il teatro a propagarsi nei media ed il mondo dello spettacolo. Walt Disney prima della seconda guerra mondiale è stato un importante promotore del rinnovamento del racconto. L'immagine come il disegno e la teatralizzazione in laboratorio può servire di marchiatura simbolica se si vuole lavorare l'ipotesi del rendimento del concetto freudiano di “ricordo-schermo” nella nostra tecnica del laboratorio racconto terapeutico.

domenica 7 dicembre 2008

3. Il gruppo familiare nel racconto popolare


Non si tratta della famiglia reale ma, secondo la bella espressione di Kaës, della "famiglia della fabbrica dell'interiorità”, (Conte et divan, Dunod.). Prendiamo la situazione iniziale di Pollicino o di Hans e Gretel: i bambini persi nella foresta. Gli psicotici ai quali si raccontano questi due racconti dicono spesso: "Ci stai raccontando la stessa storia". All’inizio, pensavamo: "Sono psicotici, dunque confusi, dunque confondono". Assolutamente no. Andando a vedere nella classificazione internazionale, la situazione iniziale a questi due racconti che avevano reperito è comune: il fantasma di essere abbandonato, la realtà di doversi districare, diventare automi in questa foresta dei racconti dove si è perduti e dove s’incontra sistematicamente l'aggressore. La formula "c'era una volta" propone una categoria, quella del racconto di finzione che sostiene la nozione di uno spazio mentale per il fantasma, differente da quello della realtà o del delirio. Il surrealismo diceva che il racconto meraviglioso era un parapetto per il delirio. Petit Poucet deviendra grand, Petite Bibliothèque Payot 2002 , tratta l'essenziale della teoria e della pratica di questa tecnica di cura. Nessuno dei bambini psicotici che hanno beneficiato di questi ateliérs, (ma seguivano anche altre terapie associate), ha sviluppato deliri che avrebbero impedito la socializzazione, spesso protetta, la che consentiva loro la loro psicosi incistata. Questi racconti tradizionali trattano la vita fantasmatica e sono ben assimilati dal bambino normale come “il non vero, buono da pensare” perché sono storie che non si realizzano nella vita quotidiana: perdere i vostri bambini nella foresta, (Pollicino), mandare la vostra bambina (Cappuccetto rosso) nella stessa foresta dove c'è un lupo che la potrebbe aggredire; mostrano che queste situazioni iniziali dei racconti popolari nella vita quotidiana sarebbero situazioni da segnalare al giudice. I genitori, nei racconti in questione, sono genitori immaginari, sempre ingiusti, distruttori, maltrattanti o assenti. Le immagini genitoriali delle proiezioni fantastiche di questi racconti paradossalmente facilitano l’accesso ai maltrattamenti da parte dei genitori seguiti per ordinanza del giudice. Dicono difatti spesso: “queste storie sono molto peggiori di ciò che succede a noi” e ciò facilita la loro capacità a parlarne. Nel racconto sono rappresentati gli estremi, le opposizioni binarie. La madre buona è sempre morta o è stata sostituita da una fata, la madre cattiva è la matrigna gelosa, o la strega persecutrice, divoratrice di bambini, punita sempre severamente nella situazione finale. Kaës, (Conte et divan) ha qualificato ottimamente il racconto col suo contenuto potenziale, come "prét-à-porter" possibili da pensare. La famiglia sulla quale si lavora col bambino nel gioco, nel disegno, è "la famiglia dell'interiorità ", quella che si costruisce per identificazione all'eroe. L'eroe trova la via, ma sulla sua strada incontra l'aggressore. L'opposizione binaria aggressore/aggredito è facile da reperire per il bambino confuso. Il padre ingiusto, vecchio, sottomesso, assente ed il re, vecchio, superato, permettono tutte le proiezioni edipiche intorno all'immagine del padre e post-edipiche per il bambino nevrotico. Il racconto tratta dei genitori poco contenenti, della rivalità fraterna, della conquista dell’autonomia, ecc... I riferimenti che propone sono buoni da conoscere, le loro rappresentazioni facili da reperire e confermate, in particolare, nelle illustrazioni, quando sono attraenti e di qualità.

sabato 6 dicembre 2008

2. La struttura del racconto nei racconti della tradizione orale


Nella sua analisi morfologica dei racconti russi, (La morfologia del racconto) Vladimir Propp ha mostrato che questi racconti, e probabilmente quelli di tutte le nazioni, si svolgono nei limiti di 31 funzioni. Per necessità logica ed estetica, ogni funzione consegue da quella che precede. Un gran numero di funzioni sono raccolte per coppie (divieto/trasgressione, interrogazione/informazione, lotta/vittoria, notte/giorno, aggressore/aggredito, ecc.). La dipendenza dei protagonisti, che sono subordinati alle costrizioni della loro funzione, forma una catena di invarianti alla quale il narratore non può derogare: l'aggressore aggredisce, l'eroe trionfa, il cattivo è punito. Almeno tutto ciò è chiaro e privo di confusione per gli autisti, gli psicotici ed i bambini privi di contenimento da parte dell’ambiente. Queste invarianti e queste costrizioni dell’organizzazione diacronica, partono da una situazione iniziale (la mancanza), seguita da uno svolgimento di fatti che teatralizzano sceneggiature abbastanza vicine ai conflitti di base delle terapie familiari e terminano in una situazione finale, in generale una riparazione della mancanza o un ritorno allo stato di equilibrio. La fortuna di questo lavoro di Propp è nota. Lévi-Strauss ne ha attinto l'idea dello strutturalismo. Molte ricerche sulla semiotica dei racconti (Greimas, Courtés, Belmond in Francia), sono generate dai racconti della tradizione orale. È interessante confrontare i bambini "normali "nel loro sviluppo, con i bambini psicotici ed autistici, spesso molto confusi nel loro modo di comunicare, quando hanno il piacere di conoscere questo "mécano" del racconto, (la parola è di Belmond). I bambini senza una patologia hanno interiorizzato già, secondo la loro età, gli spostamenti metaforici incosci che i racconti della tradizione orale contengono. Ciò dà agli psicotici che, classicamente, presentano un disturbo nel processo di “rimozione”, un accesso insperato ad un modello codificato di rappresentazioni con propri ritmi, invarianti, concatenazioni, riferimenti ai quali poter aggrapparsi, quando sono persi nelle nebbie confusionali del pensiero psicotico. Questo modello non è un modello educativo o comportamentista. È una struttura canonica che funziona come l’innesco della possibilità di rappresentare, pensare e forse interiorizzare gli arcaismi e le angosce della maturazione con soluzioni accettabili per il gruppo considerato. Per esempio, in Cappuccetto Rosso, la struttura del racconto è invariabile ed è attesa sempre allo stesso modo dal bambino che l'ascolta: la bambina incontra il lupo nella foresta, gli parla ma non lo riconosce come aggressore se non all'interno della casa dove si è coricato travestito da nonna che ha divorato. Non si può modificare questa diacronia che consegue dall'enunciato del racconto scelto. Se il lupo mangia la bambina, subito incontrata nella foresta, questa è un'altra storia che ci si può augurare o desiderare, ma non è il racconto previsto nell'enunciato. La forza costrittiva di questo tipo di racconto è rassicurante ed organizzatrice per il bambino senza riferimenti. Egli ritrova, in modo ripetitivo, ciò che poi lo aiuterà nelle sue difficoltà di interiorizzazione dei legami e alla fine di un certo tempo di pratica, potrà appropriarsi di una possibilità associativa sconosciuta fino ad allora.

venerdì 5 dicembre 2008

1. Gli arcaismi nei racconti orali


I racconti orali sono pieni di forme arcaiche, presenti nell'inconscio collettivo delle società dette primitive, maturate dalla preistoria: sono racconti molto strutturati, essi sono reperibili per temi nella classificazione internazionale (Aarne-Thomson) e, dunque, sono comparabili nelle produzioni di popoli geograficamente molto lontani. Ciò che è narrato in questi racconti si rivolge agli adulti come ai bambini nelle loro problematiche esistenziali. Queste storie sono facilmente memorizzabili e trasmissibili per la grande figurabilità delle immagini e per l’affascinante potere della poesia. Tre tempi sono diventati classici nella nostra pratica: il racconto, il gioco di ruolo, il disegno, o il gruppo di parola, per i più grandi. Così, con i curanti addestrati l’atelier-fiaba diventa una “madre in rêverie materna" nel senso di Bion. Accoglie gli elementi di motorî, gli aspetti in sé bizzarri e arcaici delle violenze e distruzioni connesse con la maturazione delle zone erogene e con le loro rappresentazioni coscienti o incoscie. Il lavoro dei curanti con questo mediatore consiste nell’accogliere gli arcaismi, selezionarli, metabolizzarli, assegnar loro limiti possibili, categorie di emozioni riconosciute e condivise in una condotta accettabile per la vita del gruppo.
L’uso del racconto nella cura è anche un buon esercizio contro-depressivo per il curante, e ciò è importante in un’epoca in cui sono ridotte le attrezzature e in cui c’è un ritorno alle terapie chimiche riduttrici dell'impulso patologico. Nella nostra esperienza di sostegno dei genitori, questa indicazione terapeutica induce meno resistenza rispetto alle altre tecniche psicoterapeutiche o ri - educative proposte abitualmente. L'incontro parallelo con i genitori è un importante mezzo per lavorare sull'inter-fantasmizzazione della famiglia, rivelata attraverso queste storie che i genitori hanno più o meno “vissuto” prima, nelle loro parti infantili sane.
I racconti popolari sono racconti che sono stati trasmessi oralmente nella notte dei tempi. Servivano, come i miti e le religioni, a dare senso alle domande esistenziali che si pongono gli esseri umani. Freud ha posto l'ipotesi dell'analogia tra lo sviluppo dell'individuo e quella dell'umanità; si ritrova quest’idea in altri ricercatori come Propp, (Radici storiche del racconto di fate). Ciò permette di pensare che gli arcaismi del pensiero, divorare/essere divorato, essere abbandonato, perdersi nella foresta, essere attaccato dalle bestie malefiche, confrontarsi con le immagini materne distruttrici (streghe) o troppo materne (fate), presenti nei racconti, fanno meglio eco con le angosce più nascoste dei bambini e degli adulti che li ascoltano. Si possono dunque individuare queste angosce, anticiparle, individuarne simbolicamente gli organizzatori di senso (per esempio le opposizioni binarie fuori/dentro, aperto/chiuso, aggressore/aggredito) e sovra significarne gli effetti.
La tecnica della "marchiatura" simbolica di certe sequenze organizzatrici di rappresentazioni spaziali e del pensiero permette di creare delle situazioni – nodo, che agiscono come dei veri “ricordo-schermo positivo” (Freud, 1899, Nevrosi, Psicosi e Perversione), molto utili per le patologie caratterizzate da confusione e incapacità di elaborazioni secondarie e comprensibili dai gruppi a struttura semplicemente nevrotica. È necessario utilizzare i tre tempi classici dell' atelier-fiaba (racconto, gioco di ruolo, disegno e parola) per accogliere le proiezioni più strane e renderle pensabili in uno spazio di teatralizzazione del gruppo adulti/bambini che lavora in modo sintonico con la proposta di Bion (trasformando gli elementi bizzarri, beta, in elementi alfa pensabili ed organizzati in un racconto che è “già là” nella storia raccontata oralmente di tutte le società umane). La scelta dei racconti permette di individuare le rappresentazioni di conflitti, che si vogliono abbordare nel gruppo e che riguardano ogni esperienza di maturazione. Questo necessita di un "corpus” di base per la maturazione ed una buona conoscenza dei racconti tradizionali, per accompagnare le associazioni prodotte dai bambini a partire da questi racconti, qualunque sia la tecnica utilizzata: disegni, marionette, plastilina, gioco di ruolo, musica, fumetti e, per gli adolescenti e gli adulti, anche psicodramma (Moreniano o psicanalitico), video-dramma, laboratorio di scrittura, ecc…

giovedì 4 dicembre 2008

L’atelier-fiaba terapeutico. Un’esperienza sulla narrazione delle fiabe tradizionali

Navigando in internet ho trovato delle notizie su Pierre Lafforgue, psicoanalista francese, il quale ha tenuto dei convegli sulla fiaba. Ciò che ha detto mi è sembrato iportante, quindi ho pensato di riportarvi alcuni pezzi...

"L’apporto della teoria e della pratica psicoanalitica ha permesso una nuova comprensione dei fatti storici al di fuori del suo campo medico d’origine. Si conoscono delle interpretazioni psicoanalitiche di fatti storici, di fatti sociali, di opere d’arte, di religioni, del romanzo e della fiaba popolare.
In seguito ai lavori pionieristici di Freud (
L’uomo dei lupi, L’inquietante estranietà) e del celebre studio metapsicologico di Bettelheim (Il mondo incantato, Uso, importanza e significato psicoanalitico delle fiabe), non sembra che questo mediatore sia stato utilizzato spesso nel setting terapeutico con la sua capacità, di fatto notevole, di stimolare elaborazioni secondarie prevedibili e tracciate in ciò che si potrebbe chiamare l’inconscio collettivo in senso gruppale piuttosto che Junghiano.
Vorrei parlare della mia esperienza con questo mediatore nell’ambito degli ateliers terapeutici che ho praticato per trent'anni nel day hospital, con bambini autistici e psicotici e in ambulatorio con bambini con patologie nevrotiche.
La fiaba popolare non è in sé curativa, ma il modo in cui i curanti la vivono, la lavorano e la utilizzano per accogliere e metabolizzare le angosce normali o patologiche dei bambini, ne fa uno strumento che è divenuto singolare per coloro che trattano patologie gravi.
Perché la fiaba della tradizione orale nella cura?
"

Questa è solo la presentazione...l'articolo ve lo proporrò a pezzi perchè è lungo, e quindi ho pensato che fosse meglio "farlo a puntate"...

venerdì 28 novembre 2008

I bambini devono addormentarsi col pensiero di un domani migliore


Questa settimana, leggendo un quotidiano, ho trovato un articolo molto interessante: hanno fatto un'intervista al neuropsichiatra infantile Franco Pajno Ferrara. Rispondendo all'amico kuijt, ho pensato di riportare l'intervista, in quanto,il professore Universitario, consiglia i metodi per difendere i bambini dai drammatici fatti di cronaca e dai gravi traumi psicologici. Secondo il Professor Pajno Ferrara i bambini, sotto il bombardamento mediatico che racconta con insistenza le drammatiche vicende di cronaca, corre effetti destabilizzanti perchè questi fatti non vanno nella linea della continuità positiva dell'esistenza, cioè l'addormentarsi con il pensiero di un domani migliore. Secondo lui, i genitori possono vagliare sulle trasmissioni televisive e sulle notizie pubblicate dai giornali per fare in modo che certi fatti crudeli non arrivino a colpire direttamente i più indifesi, i bimbi; il compito dell'adulto nei confronti del bambino è l'esercizio della protezione. La serenità non è una facoltà per il modo di dire dell'infanzia, ma un dovere. Vaglare è ciò che abitualmente i genitori fanno, o dovrebbero fare, su molti aspetti della vita dei loro figli. Ebbene lo devono fare anche quando capitano episodi drammatici; se si abolisce anche questo dovere, significa che i genitori non hanno più nessun compito. Questo è un modo di dire che troppi genitori prendono di scaricare l'onere dell'educazione sulla scuola. Non può essere solo così, tutti delegano, e rinunciano alle regole più impegnative. Un esempio è l'attesa, perchè molti padri e madri hanno rinunciato a trasmettere ai figli la felicità dell'attesa. E' un peccato perchè la fatica, l'attesa e l'impegno hanno un valore determinante nel soddisfacimento dei nostri desideri. Ma questo bisogna insegnarlo, trasmetterlo. Invece molti infilano la scorciatoia; il che è molto più facile perchè il bambino è contento. Questo però non avviene solo con i figli, ma lo fanno prima con loro stessi, poi lo fanno anche con i figli che si trovano i regali prima di Natale, i doni prima della promozione e ogni bene prima del compleanno, prima della festa. Il risultato è che il regalo, o meglio il premio, non è più prezioso perchè diventa un'abitudine. Pajno Ferrara, poi, non vuole criminalizzare la televisione, che può avere un ruolo importante e prezioso, però può diventare devastante se usata in modo non corretto, come tutti i mezzi di divulgazione di massa. Dunque, i genitori devono impegnarsi a leggere, spiegare, interpretare e decodificare il messaggio. Non farlo leggere, farlo interpretare, farlo assimilare in diretta dai loro bambini; così non va. Il professorre poi, afferma che non capisce perchè tutti corrono se vedono un bambino in mezzo alla strada da solo e nessuno fa niente se un piccolo trascorre i pomeriggi davanti all tv o su internet, in beata solitudine. Ritiene anche che la ripetizione delle immagini violente possa "normalizzare" la tragedia, farla cioè sentire come possibile e in qualche modo provocare o quanto meno giusificare atti emulativi; la ripetizione banalizza il delitto. Autorizza ad emularlo perchè il fatto non è più eccezionale, ma diventa normale. Si sa che certi fatti non possono essere nascosti perchè tutti ne parlano, ma i genitori devono farsi carico della loro interpretazione con i figli. Non possono arrivare a casa stanchi morti e mettersi davanti alla tv per guardare le sequenze del delitto con i figli che si ingozzano di patatine, come fosse un film, come una telenovela. Se il pensiero positivo di un bambino si spegne, iniziano le ansie e le patologie. Il pensiero positivo sul futuro, anche se talvolta su interrompe, deve essere al più presto ripristinato come se si dovesse rammendare uno strappo nel tessuto dell'esistenza. Di questo, si devono preoccupare i genitori prima di tutto, prima delle maestre, perchè il pensiero affettivo di un bambino non è la maestra, sono la mamma ed il papà. Alla fine, Franco Pajno Ferrara, raccomanda di trasmettere ai figli sentimenti di accoglienza e comprensione. Questa esigenza non vale solo per i bambini ma anche per gli adulti e dura per tutta la vita. Non ci sarà un adulto positivo e sereno se prima non c'è stato un bambino con le medesime caratteristiche, cioè una creatura che ha potuto correre i primi passi della sua vita sul prato verde della fiduacia nel domani.

sabato 22 novembre 2008

Harry Potter: l'importanza della fiaba


Molte cose sono state scritti per spiegare il fenomeno Harry Potter e la riscoperta dei bambini del libro. Le sue storie sembrano aver fatto una magia a lungo attesa: spostare l’interesse sempre più notevole verso i media basati su un linguaggio per immagini (televisione, videogame) al messaggio scritto. Perché questa serie di libri, e non altri? Esistono molti libri per ragazzi, intere collane, perché questo ragazzino gracile ed occhialuto ha saputo calamitare l’interesse dei ragazzini?Una prima indicazione è nella trama: essa ricalca i temi universali delle favole popolari. Il protagonista è un personaggio normale, all’inizio anche un po’ deprezzato (il figlio minore di molte favole), che quasi suo malgrado si trova coinvolto in una serie di avvenimenti. Affrontando le varie avventure il protagonista stesso scopre man mano le proprie risorse personali e morali, le sue capacità. Sono proprio queste risorse interne, prima poco conosciute e per lo più svalorizzate, a permettergli di percorrere il suo cammino e superare gli ostacoli.Chi è il protagonista?Un ragazzino di undici anni che, proprio alle soglie della pubertà, scopre in sé strani poteri (poteri magici) che all’inizio lo turbano, gli sono estranei e lo fanno sentire diverso ed “estraneo” a sé stesso ed al mondo circostante. Sono anche poteri difficili da controllare e gestire; all’inizio sono quasi loro a gestire il ragazzino manifestandosi indipendentemente dalla volontà cosciente. In questo periodo della vita le spinte pulsionali, per lo più silenti in latenza, riaffiorano dal profondo con rinnovata vigoria, ciò porta il ragazzo o la ragazza a viversi come il portatore di qualcosa di diverso, perturbante, estraneo. Queste spinte non sono affatto dominate ma spesso irrompono nell’azione e nel pensiero. Si sviluppano fantasie che hanno la loro origine in fantasmi inconsci di natura aggressivo-sessuale, il ragazzo vive anche queste come perturbanti ed estranee, sono anch’esse poco gestibili e frequentemente il ragazzo si sente più in balia di esse che capace di controllo e modulazione. Il cammino di Harry Potter è un percorso di crescita, crescita psichica attuata attraverso il riconoscimento e l’accettazione di questo “essere diverso”, di non essere più un bambino. Cammino doloroso, con ripensamenti, dubbi, angosce, ma che, man mano, permette al protagonista di gestire queste sue nuove capacità, anche qualche volta sbagliando, lasciandosi andare a briglia sciolta, perché anche questo fa parte del processo di crescita.Un grosso aiuto viene dall’amicizia dai compagni, gruppo di coetanei che diventa, come succede ai ragazzini di questa età, sempre più un mondo indipendente e con valenze diverse rispetto al mondo adulto. Anche il mondo adulto acquista nuove dimensioni: screditati e rifiutati gli adulti autoritari, viene scoperta e valorizzata l’autorevolezza dell’adulto, si fa più forte la spinta identificatoria verso figure autorevoli e capaci. La preadolescenza e la prima adolescenza sono caratterizzate dal massiccio riemergere di fantasmi e desideri edipici e preedipici. In Harry Potter l’elaborazione preconscia di questi fantasmi trova un suo spazio. Molti dettagli minori che infarciscono la trama sembrano richiamare simbolicamente questi desideri e fantasie, permettendone una sdrammatizzazione scherzosa: ecco il comparire delle cioccorane, l’indugiare benevolmente nella descrizione di pasti a base di caramelle ed altri dolciumi ( la realizzazione, senza punizione, del desideri di Hansel e Gretel).Alcuni episodi minori sono incentrati sull’utilizzo di magie puzzolenti, i ragazzi mangiano le caramelle mille gusti + 1 (compreso il gusto vomito). Tutto questo fa parte dell’universo preadolescenziale, nei libri si indugia su questi piccoli piaceri orali ed anali, trattandoli senza riprovazione. Un’acuta descrizione, sotto forma di metafora, del mondo interno e dei suoi conflitti in preadolescenza e in adolescenza, non solo è ben accetta al ragazzino ma gli fornisce anche alcuni strumenti: identificandosi con il protagonista si sente meno solo e diverso, lenisce le sue ansie (il percorso è difficile ma non impossibile), lo fa sorridere, a volte, sulle sue difficoltà, sdrammatizzando le sue paure e dando sollievo ai sensi di colpa che accompagnano l’insorgere di fantasie e spinte orali ed anali. E' stata paragonana la serie di Harry Potter ad una lunga fiaba; Bruno Bettelheim nell’introduzione al suo libro “Il mondo incantato” afferma: “Perché una storia riesca realmente a catturare l’attenzione del bambino deve divertirlo e suscitare la sua curiosità. Ma per poter arricchire la sua vita, deve stimolare la sua immaginazione, aiutare a stimolare il suo intelletto e chiarire le sue emozioni, armonizzarsi con le sue ansie ed aspirazioni, riconoscere appieno le sue difficoltà, e nel contempo suggerire soluzioni ai problemi che lo turbano. In breve, essa deve toccare contemporaneamente tutti gli aspetti della sua personalità, e questo senza mai sminuire la gravità delle difficoltà che affliggono il bambino, anzi prendendone pienamente atto, e nel contempo deve promuovere la sua fiducia in sé stesso e nel futuro." Forse i ragazzini hanno trovato in questa nuova fiaba una storia che da un lato permette la manifestazione di comportamenti a lungo repressi e dall’altro un sostegno dell’Io. Un’importante funzione della favola è infatti quella, attraverso il linguaggio della metafora, di suggerire di non bloccare le spinte pulsionali bensì di accettarle incanalandole verso modalità di soddisfacimento in accordo con le esigenze dell’Io e del Super-io. Le favole, nel loro linguaggio simbolico universale, forniscono svariati esempi di come la risoluzione del conflitto psichico possa passare attraverso la sublimazione delle pulsioni aggressivo-sessuali, aiutano così a rafforzare il principio di realtà. La spinta non viene inibita o bloccata ma incanalata verso soddisfazioni sintoniche con l’Io e la realtà.

martedì 18 novembre 2008

Un mare di libri: quali scegliere?

Dopo avervi presentato qual è il modo per scegliere il libro più adatto da leggere ai bambini, oggi vi voglio chiarire che caratteristiche devono avere questi libri, in base alle diverse età.

Dai 6 mesi libri di immagini semplici che facilitano nel bambino l’attivazione del processo di riconoscimento e favoriscono il collegamento fra immagine e oggetto reale; le caratteristiche di questi libri sono:
- libri di cartone che possano “resistere” al bambino
- libri a misura delle sue mani
- libri con colori vivaci ma con un numero non eccessivo di immagini per pagina
- libri con figure di bambini, visi, oggetti familiari, con immagini semplici
- libri con non più di una o due parole per pagina utili al genitore per imbastire una microstoria

Dai 12 mesi serie di immagini di oggetti con un nesso tra di loro in quanto favoriscono lo sviluppo di capacità di associazione logica, di connessione fra vari elementi raffigurati in base a fattori contestuali e funzionali; le caratteristiche di questi libri sono:
- libri ancora di cartone resistenti con storie brevi
- libri con poche parole per ogni pagina
- figure di bambini che fanno le cose di tutti i giorni: giocare, dormire, mangiare, andare all’asilo nido
- libri di animali conosciuti dal bambino che fanno cose semplici (mangiano, corrono, dormono)
- libri della buonanotte per andare a letto
- libri con rime semplici o testo di facile comprensione

Dai 18 mesi riconoscimento di un oggetto e della sua funzione: libri che presentano successive trasformazioni di un oggetto o che presentano un oggetto prima isolato e poi in un contesto. Protostorie: uno stesso elemento o personaggio è presentato in una successione di situazioni analoghe. Esiste un inizio e una fine: un bambino si prepara per l’asilo nido, ci va, incontra gli amici, gioca, torna a casa.

Dai 24 mesi storie brevi: anche qui troviamo un medesimo personaggio che compie diverse azioni, con episodi che però iniziano a susseguirsi in misura più consistente; le caratteristiche di questi libri sono:
- dai due anni molti bambini possono maneggiare le pagine di carta
- figure brillanti di bambini, animali, oggetti familiari
- storie di famiglie, di cibo, di animali, di automobili, di biciclette
- storie su fratelli e sorelle, sul farsi degli amici, sull’andare a scuola
- storie che ripetono e contengono parole intuibili, ritmi e rime, libri che possono memorizzare
- storie sciocche, scherzi, figure comiche

Dai 30 mesi storie complesse: caratterizzate da testi con molte sequenze e molti personaggi; vengono affrontati anche temi legati alle emozioni del bambino, ai suoi sentimenti, alle sue fantasie

Dai 4 anni belle storie su bambini che gli somigliano e vivono come lui, oppure in ambienti esotici; le caratteristiche di questi libri sono:

- storie divertenti e semplici
- libri con i numeri e libri con l’alfabeto
-libri sugli amici e sulla scuola
- libri con informazioni sul mondo
- e, ancora una volta, belle storie, belle illustrazioni


Criteri per la scelata dei libri per i più piccoli


- Accuratezza della veste grafica e, se si tratta di libri destinati alla prima infanzia, uso di materiali gradevoli al tatto, non tossici, lavabili e privi di elementi potenzialmente pericolosi. Chiara enunciazione (sulla copertina e non sull’eventuale involucro che lo racchiude) di conformità ai criteri di sicurezza. Libri dalla copertina lucida e dura che possono essere puliti con un panno umido sono un ottimo investimento contro le manine appiccicose e la simpatia distruttiva che il bambino dimostra per i suoi primi libri.

- Alta leggibilità dell’immagine che, escludendo elementi stereotipici, deve saper stimolare nel bambino e nell’adulto che la “legge” con lui, la capacità di costruire e verbalizzare una storia. Gli oggetti illustrati possono essere notati più chiaramente se risaltano distintamente dal loro sfondo.

- Alta qualità del linguaggio. Quando all’immagine si unisce il linguaggio verbale, questo deve essere semplice ma preciso, mai banale, mai generico o astratto. Dovrebbe includere termini di uso non abituale per stimolare nel bambino il desiderio di ripetere parole nuove desumendone i significati dal contesto. L’uso di stilemi tipici del linguaggio poetico (rime, allitterazioni, assonanze, ripetizioni, ecc.) aumenta il fascino della lettura ad alta voce.

- Qualità della storia. Anche con elementi minimi è possibile costruire storie di contenuto “forte”, storie che sanno avvincere e che sanno stabilire una precisa e adeguata relazione con l’esperienza di chi le ascolta.

- Adeguatezza del materiale linguistico e iconografico proposto, nonché dei temi suggeriti dalla storia, ai diversi stadi evolutivi del bambino. Si tenga presente tuttavia che il criterio di “adeguatezza” è fortemente legato all’esperienza di ascolto e di lettura che il bambino possiede.

venerdì 14 novembre 2008

Bambini e libri: come scegliere?


Ogni fascia d'età è diversa dalle altre,e questa si nota soprattutto nei bambini. Lo sviluppo dei bambini caratterizza molte cose, e tra queste anche le fiabe...infatti, queste possono essere utili per seguire e comprendere lo sviluppo del bambino e il suo avvicinamento ai libri e alla lettura; è importante non considerarle in maniera rigida, ma tenendo presente che ogni bambino possiede delle caratteristiche personali diverse da ogni altro suo coetaneo.

A 1 mese ed anche prima al bambino piacciono le ninne nanne, vanno bene tutte; si possono usare quelle di famiglia o anche quelle in dialetto. Non va male se la ninnananna è sempre la stessa prima del sonno dal momento che i bambini amano i rituali.
A 2 mesi possiamo fargli vedere disegni di volti umani o fotografie; queste ultime si devono posivionare ad una distanza non superiore ai 30 cm dal suo volto. Le figure devono essere di grande formato: circa cm 24 x 17. Le fotografie si possono incollare ad un cartoncino dello spessore di un paio di millimetri in modo che nei mesi successivi possa prenderle in mano.
A 6 mesi è attratto dalle foto e dalle figure del libro che cerca di prendere e di “mangiare”. Prova a passare il libro da una mano all’altra.I libri a questa età e almeno fino a 12 mesi devono essere resistenti, atossici, con pagine grosse, con colori vivaci e oggetti familiari o figure di bambini. Attenzione: le figure non devono essere stilizzate per essere comprese e i libri non molto ingombranti. Si deve farglieli vedere tenendo i libri in braccio. Sono preferibili i libri veri, di grosso cartone, e non libri giocattolo o libri da bagno.
A 9 mesi è sempre attratto dalle foto e dalle figure del libro che cerca di prendere e di “mangiare”. Passa con facilità il libro, se non è ingombrante, da una mano all’altra; indica le pagine con una o più dita. Prova a girare la pagine a mano piena se l'ha visto fare dai genitori. Gli si fanno vedere i libri tenendolo in braccio. Oppure ci si può sdraiare su un tappeto insieme al bambino, guardando il libro insieme.
A 12 mesi tiene il libro in mano, se aiutato, e gira più pagine alla volta, sempre a mano piena. Dà il libro all’adulto. I libri devono sempre essere robusti e maneggevoli. Possono essere ora anche più grandi. Le figure preferite riguardano azioni familiari (mangiare, dormire, giocare) e piccoli animali, mentre i testi preferiti sono sempre le filastrocche. Meglio cercare di evitare figure di cose che il bambino ancora non conosce. Comincia a rendersi conto di immagini di volti capovolti.
A 15 mesi gira le grosse pagine usando due dita. Nel caso in cui un libro contenga una faccia, capisce se è capovolto. Talora gira la sua faccia per adattarla a quella del libro. Gli piacciono i libri con frasi brevi e facili, che possa imparare ad anticipare.
A 18 mesi completa ed anticipa le frasi del libro. Gli piacciono libri che parlano di animali (leggendo si possono fare versi buffi come quelli degli animali), di bambini, delle cose di ogni giorno, con frasi brevi e semplici. Comincia ad orientare il libro.
A 24 mesi gira bene la pagina. Trascina i libri in giro per la casa e “legge” alle bambole o al gatto inventando lui stesso storie a suo piacimento. Gira da solo una pagina nel verso giusto se contiene una faccia capovolta. Può correggere l’errore del lettore. Gli piacciono le storie che danno l’opportunità di identificarsi con i personaggi, che raccontano prove da superare, che fanno ridere. Quando si passeggia con il bambino gli si possono leggere anche le scritte, i cartelli e i segnali.
A 30 mesi può” leggere” un libro che gli è stato letto molte volte. Gli piacciono storie di bambini della sua età che narrano momenti di vita comune (andare a scuola o dal dottore), di amicizia, di fratelli o sorelle, ma anche libri fantastici, avventurosi. I testi devono essere semplici. Le fiabe tradizionali (e in particolare quelle “del perché” con animali parlanti che spiegano le cose) aiutano anche a proiettare all’esterno le paure e le emozioni che il bambino ha dentro di sé. Al bambino piace scegliere la storia e gli piace anche farsela leggere molte volte.


Con questo si può notare che per i bambini, anche le più semplici azioni quotidiane, come leggere una fiaba, sono piene di significati...niente è dato per scontato!


"La fiaba ha un tipo di svolgimento che si conforma
al modo in cui
un bambino pensa e percepisce il mondo;
per questo la fiaba è così convincete per lui"

lunedì 10 novembre 2008

L'importanza della lettura


''Ogni bambino ha diritto ad essere protetto non solo dalla malattia e dalla violenza ma anche dalla mancanza di adeguate occasioni di sviluppo affettivo e cognitivo. Questo è il cuore di Nati per Leggere. Dal 1999, il progetto ha l'obiettivo di promuovere la lettura ad alta voce ai bambini di età compresa tra i 6 mesi e i 6 anni. Recenti ricerche scientifiche dimostrano come il leggere ad alta voce, con una certa continuità, ai bambini in età prescolare abbia una positiva influenza sia dal punto di vista relazionale (è una opportunità di relazione tra bambino e genitori), che cognitivo (si sviluppa meglio e più precocemente la comprensione del linguaggio e la capacità di lettura); per di più si consolida nel bambino l'abitudine a leggere che si protrae, poi, nelle età successive anche grazie all'imprinting precoce legato alla relazione.
La lettura a voce alta, nella sua apparente semplicità, contiene molte valenze legate a modelli di comunicazione positivi e affettivi che influiscono in modo rilevante sullo sviluppo emotivo del bambino. Essa è considerata l’attività più importante per la acquisizione delle conoscenze necessarie per il successo nella lettura. La lettura è per il bambino uno strumento ideale per trattenere con sé l’adulto nel modo a lui più gradito, cioè con dedizione, partecipazione completa e senza distrazioni. La presenza dell’adulto è consolatoria, e fornisce protezione e sicurezza. Quando il bambino chiede la ripetizione della lettura non necessariamente è interessato alla storia ma forse vuole prolungare quella sensazione piacevole e continuare ad avere la mamma ( il papà, la zia o l’insegnante) accanto. Con la lettura il bambino si appropria lentamente della lingua materna, delle sue parole, della sua forma e struttura. Questo gli serve per costruire le proprie strutture mentali, per capire i rapporti (io e gli altri, io e le cose) e le distanze spazio-temporali.
Le competenze emergenti nell’acquisizione della capacità di leggere (emergent literacy)Le capacità e conoscenze associate alla futura capacità di decodificare le parole possono essere così schematicamente sintetizzate in:
- sviluppo del linguaggio orale (aumenta l’ampiezza del vocabolario)
- competenza fonologica (prima attraverso le sillabe, poi con le rime e la miscelazione dei fonemi che avviene solo quando si inizia a leggere). Questa competenza è strettamente legata al successo nella lettura.
- conoscenza del linguaggio scritto
- conoscenza delle convenzioni della scrittura:
corrispondenza tra linguaggio orale e scritto, scrittura da sinistra a destra e dall’alto in basso, alfabeto che rappresenta i suoni del linguaggio; conoscenza delle funzioni della scrittura; testo che racconta una storia, dà informazioni, dà istruzioni; conoscenza dell’alfabeto; conoscenza delle lettere e dell’associazione tra una lettera ed il suo nome e tra una lettera e il suo suono
Lo sviluppo di competenze emergenti varia in ogni bambino ed è influenzato da diversi fattori:
- capacità innate
- qualità e quantità del linguaggio ascoltato in famiglia
- desiderio di apprendere del bambino e sua autostima
- esposizione del bambino ad attività letterarie.
Esistono marcate differenze sociali nelle capacità di acquisire la competenza fonologica, che derivano dalla quantità e qualità delle interazioni verbali a cui è esposto il bambino.
La lettura è anche un mezzo per rafforzare l’esito di un attaccamento sicuro nei primi anni di vita che è essenziale per la crescita delle competenze del bambino in tutti i campi, perché influisce sulla maturazione cerebrale, sulle connessioni neurologiche e sui processi mentali. Nelle relazioni con attaccamento sicuro il bambino si distrae raramente e apprende maggiormente.
La lettura ad alta voce è considerata un’azione di prevenzione nei confronti dell’abbandono scolastico e dei problemi di comportamento. Essa determina l’esperienza dell’apprendimento della lettura stessa che segna il destino della carriera scolastica del bambino.
Bambini che possono godere di un’esposizione alla lettura giornaliera e costante nel tempo giungono alla prima elementare con maggiori capacità e conoscenze basilari per la futura decodifica delle parole; questo permetterà loro di imparare a leggere e scrivere con maggiore facilità. Numerose ricerche hanno dimostrato come il livello di abilità di lettura riscontrato alla fine del primo anno di scuola elementare sia fortemente correlato negli anni con una maggiore abilità a leggere testi scritti.
E’ evidente quindi quanto siano legati, nell’infanzia, sviluppo delle competenze linguistiche, confidenza verso la lettura, proprietà di linguaggio del bambino, capacità di mantenere l’attenzione e la concentrazione e livello di autostima e sicurezza.''

sabato 8 novembre 2008

Cos'è la fiaba?


Negli scorsi interventi vi ho parlato tranquillamente...ma mi sono accorta di non avervi ben chiarito cos'è una fiaba, anche se posso immaginare che molti di voi abbiano già un'idea.

Alice nel Paese delle Mervaiglie, Cappuccetto Rosso, Pinocchio, La Bella e la Bestia, e molte altre storie, rientrano nel genere letterario della fiaba, la quale fa parte del collettivo della cultura, delle tradizioni e delle origini dei popoli. Le fiabe sono state tramandate oralmente di generazione in generazione per diversi secoli, e chi le tramandava spesso le modificava aggiungendo o togliendo parti, per fare in modo che descrivevano meglio la vita della povera gente. Ci sono state persone, però, che le hanno raccolte e trascritte: da ricordare sono Collodi, untore di "Pinocchio", James Matthew Barrie, scrittore di "Peter Pan", Hans Christian Andersen, i fratelli Grimm.

Ai giorni nostri la letteratura fiabesca ha come destinatario solamente il bambino, precedentemente, invece, rappresentava un divertimento anche per gli adulti ed aveva grande importanza per la vita della comunità in quanto trasmetteva valori.

Le caratteristiche che si possono riscontrare sono simili in tutte le fiabe: i personaggio, i luoghi e l'epoca sono indicati genericamente e non vengono descritti, infatti si trovano frasi come "C'era una volta...", "In un paese lontano...", ma non si dice nè dove nè quando; inoltre, i fatti che si presentano nel racconto sono fatti impossibili, e i personaggi inverosimili. Per di più, il mondo viene per la maggior parte rappresentato diviso in due: i personaggio sono o buoni o cattivi, o furbi o stupidi, o bellissimi o bruttissimi, non esistono vie dei mezzo. La storia si conclude sempre con un lieto fine e con una morale, la quale insegna innumerevoli valori, lasciando, inoltre, al lettore ogni decisione. Il linguaggio impiegato nella fiaba è caratteristico dei narratori popolari.


"A livello manifesto le fiabe hanno poco da insegnare circa le specifiche condizioni della vita nella moderna società di massa; queste storie furono create molto tempo prima del suo avvento. [..] Attraverso i secoli durante i quali, con le successive rielaborazioni, diventarono sempre più raffinate, le fiabe finirono per trasmettere nello stesso tempo significati palesi e velati. [...] Applicando il modello psicanalitico della personalita' umana, le fiabe recano importanti messaggi alla mente conscia, preconscia e subconscia, a qualunque livello ciascuna di esse sia funzionante in quel dato momento. Queste storie si occupano di problemi umani universali, soprattutto di quelli che preoccupano la mente del bambino."

mercoledì 5 novembre 2008

Fiaba come metodo curativo

Vorrei continuare a parlare del libro di Bettelheim perchè, nel "Mondo incantato" l'autore offre un quadro elaborato del rapporto che si crea tra bambino e fiaba, ponendo l'accento sul valore terapeutico. In questo libro lo psicopedagogista ha analizzato a lungo i racconti popolari, ed ha cercato di dimostrare il modo in cui ciascuno di questi, evidenzi conflitti o angosce in specifici stadi dello sviluppo. Bettelheim, inoltre, vede nella fiaba un espediente narrativo utile per affrontare una serie di eventi negativi corrispondenti alle paure o alle circostanze reali della vita del bambino. Quest'ultimo sa qual è la differenza tra realtà e fantasia, e trova nella fiaba un importante momento di liberazione delle proprie angosce, che gli permette di esprimersi liberamente. Si può notare, quindi, che diversi studiosi hanno utilizzato le fiabe anche come strumento terapeutico. Una tecnica attraverso la quale si può valutare la personalità dei bambini è il Test delle fiabe (FTT); questo utilizza come stimolo una serie di tavole illustrate dei principali personaggi di alcune fiabe. Grazie a queste il bambino esprime gli aspetti centrali delle proprie esperienze, dei propri conflitti e delle angosce.


Il lavoro terapeutico è supportato proprio dalla magia della fiaba, che conduce per mano colui che la ascolta, proiettandolo nel regno del fantastico, e dove tutto è realizzabile. Nella fiaba, infatti, ogni cosa può cambiare rapidamente, al semplice tocco di una bacchetta magica, o al rintocco di un orologio. Il racconto fantastico è inoltre un cammino interiore, percorso senza muoversi. Per di più, il suo iniziare con "C'era una volta tanto tanto tempo fa....", rende possibile al lettore di proiettarsi automaticamente nel regno della profondità della psiche.


La fiaba, poi, potrebbe essere definita coma una sequenza di simboli che comunicano su due piani contemporaneamente: quello della coscienza (che si deve comprendere utilizzando la parte razionale), e quello più profondo dell'inconscio (che lo si rielaborerà al di là dei limiti della mente e nell'ambito di un sapere antichissimo e comune a tutta l'umanità).


Il primo a mettere in luce il carattere simbolico della fiaba fu Sigmund Freud, il quale afferma che le fiabe riguardano gli aspetti più primitivi della psiche. Infatti, nell' "Interpretazione dei Sogni", Freud si riferisce alle fiabe per giustificare l'analisi dei lavori onirici.

lunedì 3 novembre 2008


Ehi,ciao!! Tutto bene mi auguro!!

A me tutto ok...devo solo finire di riordinare alcuni libri da leggere in camera... Tra questi ne ho uno che mi è sembrato molto interessante,ed inerente all'argomento che ho scelto per questo blog. Si intitola "Il mondo incantato. Uso, importanza e significati psicanalitici delle fiabe" di Bruno Bettelheim. Mi ha colpito molto questo libro, in quanto si occupa delle fiabe, del “mondo incantato” , con il quale ogni bambino cresce, un mondo magico che accompagna alla scoperta di sé e della realtà che ci circonda. Bettelheim, attraverso un'analisi psicanalitica, ci spiega l'impatto emotivo della fiaba sui più piccoli; questi infatti, trasmettono le proprie paure ai personaggi, esternando quello che veramente pensano e provano. Esse, infatti, esprimono in modo simbolico un conflitto interiore e poi suggeriscono come può essere risolto. In questo modo possono rincuorare il bambino e incoraggiare il suo sviluppo emotivo mentre, contemporaneamente, lo affascianano e divertono, stimolando la sua immaginazione. L'autore dimostra come il messaggio delle fiabe aiuta a superare l'angoscia di essere bambnini in un mondo di grandi. L'identificazione con i personaggi e la partecipazione emotiva al racconto sono possibili perchè le fiabe parlano il linguaggio della fantasi, che è lo stesso del bambino.


Ma ora basta...sennò vi svelo tutto il libro...e se magari qualcuno decide di prenderlo, non è piacevole scoprire tutto in anticipo,o no?!

A me è piaciuto molto, ho imparato molte cose che non sapevo, e quindi è stato istruttivo, soprattutto per il lavoro che spero di intraprendere!!


I bambini rappresentano un mondo a se stante, ed è stupendo osservarli, e capire i loro pensieri...per loro il genere fiabesco è molto importante: li aiuta alla crescita ed alla formazione individuale.

Leggere una fiaba diventa un modo per sognare ad occhi aperti: dà la facoltà di "viaggiare" in luoghi fantastici, dove il male perde sempre.


Mi auguro di non avervi annoiato, però mi faceva piacere raccontarvi un pò un libro che a mio avviso è molto interessante...

venerdì 31 ottobre 2008

Ci sono anch'io!!!


Hei,ciao a tutti!!! Anche io da oggi ho il mio blog...spero proprio che vi piaccia perche sono proprio una principiante per queste cose (he he)!!! Ho deciso di concentrare la mia attenzione sull'importanza della fiaba per i più piccoli...questo argomento mi ha incuriosito quando ho preparato la tesina per l'esame di Stato,ed ora ho deciso di approfondirlo. Spero che piaccia anche a voi;mi auguro di suscitare la vostra curiosità!!


Per ora ci saluto...a presto!!!

Ciao ciao