venerdì 12 dicembre 2008

6. La dimensione gruppale e l’atelier-fiaba


Il racconto appartiene ad un gruppo sociale. Parla alla parte infantile del bambino e dell'adulto. Il racconto è letto e sentito in gruppo, recitato in gruppo, il disegno è elaborato in gruppo. Il gioco psicodrammatico o gioco di ruolo generato dall’atelier-fiaba permette al bambino di utilizzare la struttura del racconto per parlare di lui, associare in gruppo, utilizzare lo specchio del gruppo e la funzione accogliente, contenente e disintossicante degli adulti nel gruppo (se sono formati a queste tecniche). Per certi bambini che provengono da ambienti sfavoriti è meno costrittivo della terapia individuale, perché si è nel campo del fantasma, del non vero, del meraviglioso e del gioco ed è meno colpevolizzante per i genitori: "perché il racconto, si conosce”, dicono spesso. Si porranno, a seconda l'esperienza dei curanti, alcune domande teoriche: gruppo chiuso, gruppo aperto, gruppi a incastro, gruppi complementari, gruppi dei genitori in parallelo per provocare un lavoro di inter-fantasmatizzazione tra due gruppi? Il racconto è perfetto nelle sue potenzialità, imperfetto nelle sue realizzazioni si dice, è un mediatore che apre a tutte le creatività dunque. Esige un lavoro mentale tra il narratore e gli ascoltatori e viceversa. Questo lavoro è gruppale, e per i curanti induce ad un lavoro trans-generazionale sull'assenza o la presenza di racconti tradizionali nella stirpe paterna e materna, secondo le origini regionali o talvolta etniche dei partecipanti. Quelli che lo utilizzano dicono che la sua narrazione in laboratorio è un mediatore ricco di potenzialità ed uno stimolante anti-dépréssivo per i curanti che si occupano di questi malati i quali producono vuoto, angoscia e caos nei pensieri di coloro che gli sono accanto.

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