sabato 6 dicembre 2008

2. La struttura del racconto nei racconti della tradizione orale


Nella sua analisi morfologica dei racconti russi, (La morfologia del racconto) Vladimir Propp ha mostrato che questi racconti, e probabilmente quelli di tutte le nazioni, si svolgono nei limiti di 31 funzioni. Per necessità logica ed estetica, ogni funzione consegue da quella che precede. Un gran numero di funzioni sono raccolte per coppie (divieto/trasgressione, interrogazione/informazione, lotta/vittoria, notte/giorno, aggressore/aggredito, ecc.). La dipendenza dei protagonisti, che sono subordinati alle costrizioni della loro funzione, forma una catena di invarianti alla quale il narratore non può derogare: l'aggressore aggredisce, l'eroe trionfa, il cattivo è punito. Almeno tutto ciò è chiaro e privo di confusione per gli autisti, gli psicotici ed i bambini privi di contenimento da parte dell’ambiente. Queste invarianti e queste costrizioni dell’organizzazione diacronica, partono da una situazione iniziale (la mancanza), seguita da uno svolgimento di fatti che teatralizzano sceneggiature abbastanza vicine ai conflitti di base delle terapie familiari e terminano in una situazione finale, in generale una riparazione della mancanza o un ritorno allo stato di equilibrio. La fortuna di questo lavoro di Propp è nota. Lévi-Strauss ne ha attinto l'idea dello strutturalismo. Molte ricerche sulla semiotica dei racconti (Greimas, Courtés, Belmond in Francia), sono generate dai racconti della tradizione orale. È interessante confrontare i bambini "normali "nel loro sviluppo, con i bambini psicotici ed autistici, spesso molto confusi nel loro modo di comunicare, quando hanno il piacere di conoscere questo "mécano" del racconto, (la parola è di Belmond). I bambini senza una patologia hanno interiorizzato già, secondo la loro età, gli spostamenti metaforici incosci che i racconti della tradizione orale contengono. Ciò dà agli psicotici che, classicamente, presentano un disturbo nel processo di “rimozione”, un accesso insperato ad un modello codificato di rappresentazioni con propri ritmi, invarianti, concatenazioni, riferimenti ai quali poter aggrapparsi, quando sono persi nelle nebbie confusionali del pensiero psicotico. Questo modello non è un modello educativo o comportamentista. È una struttura canonica che funziona come l’innesco della possibilità di rappresentare, pensare e forse interiorizzare gli arcaismi e le angosce della maturazione con soluzioni accettabili per il gruppo considerato. Per esempio, in Cappuccetto Rosso, la struttura del racconto è invariabile ed è attesa sempre allo stesso modo dal bambino che l'ascolta: la bambina incontra il lupo nella foresta, gli parla ma non lo riconosce come aggressore se non all'interno della casa dove si è coricato travestito da nonna che ha divorato. Non si può modificare questa diacronia che consegue dall'enunciato del racconto scelto. Se il lupo mangia la bambina, subito incontrata nella foresta, questa è un'altra storia che ci si può augurare o desiderare, ma non è il racconto previsto nell'enunciato. La forza costrittiva di questo tipo di racconto è rassicurante ed organizzatrice per il bambino senza riferimenti. Egli ritrova, in modo ripetitivo, ciò che poi lo aiuterà nelle sue difficoltà di interiorizzazione dei legami e alla fine di un certo tempo di pratica, potrà appropriarsi di una possibilità associativa sconosciuta fino ad allora.

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