domenica 7 dicembre 2008

3. Il gruppo familiare nel racconto popolare


Non si tratta della famiglia reale ma, secondo la bella espressione di Kaës, della "famiglia della fabbrica dell'interiorità”, (Conte et divan, Dunod.). Prendiamo la situazione iniziale di Pollicino o di Hans e Gretel: i bambini persi nella foresta. Gli psicotici ai quali si raccontano questi due racconti dicono spesso: "Ci stai raccontando la stessa storia". All’inizio, pensavamo: "Sono psicotici, dunque confusi, dunque confondono". Assolutamente no. Andando a vedere nella classificazione internazionale, la situazione iniziale a questi due racconti che avevano reperito è comune: il fantasma di essere abbandonato, la realtà di doversi districare, diventare automi in questa foresta dei racconti dove si è perduti e dove s’incontra sistematicamente l'aggressore. La formula "c'era una volta" propone una categoria, quella del racconto di finzione che sostiene la nozione di uno spazio mentale per il fantasma, differente da quello della realtà o del delirio. Il surrealismo diceva che il racconto meraviglioso era un parapetto per il delirio. Petit Poucet deviendra grand, Petite Bibliothèque Payot 2002 , tratta l'essenziale della teoria e della pratica di questa tecnica di cura. Nessuno dei bambini psicotici che hanno beneficiato di questi ateliérs, (ma seguivano anche altre terapie associate), ha sviluppato deliri che avrebbero impedito la socializzazione, spesso protetta, la che consentiva loro la loro psicosi incistata. Questi racconti tradizionali trattano la vita fantasmatica e sono ben assimilati dal bambino normale come “il non vero, buono da pensare” perché sono storie che non si realizzano nella vita quotidiana: perdere i vostri bambini nella foresta, (Pollicino), mandare la vostra bambina (Cappuccetto rosso) nella stessa foresta dove c'è un lupo che la potrebbe aggredire; mostrano che queste situazioni iniziali dei racconti popolari nella vita quotidiana sarebbero situazioni da segnalare al giudice. I genitori, nei racconti in questione, sono genitori immaginari, sempre ingiusti, distruttori, maltrattanti o assenti. Le immagini genitoriali delle proiezioni fantastiche di questi racconti paradossalmente facilitano l’accesso ai maltrattamenti da parte dei genitori seguiti per ordinanza del giudice. Dicono difatti spesso: “queste storie sono molto peggiori di ciò che succede a noi” e ciò facilita la loro capacità a parlarne. Nel racconto sono rappresentati gli estremi, le opposizioni binarie. La madre buona è sempre morta o è stata sostituita da una fata, la madre cattiva è la matrigna gelosa, o la strega persecutrice, divoratrice di bambini, punita sempre severamente nella situazione finale. Kaës, (Conte et divan) ha qualificato ottimamente il racconto col suo contenuto potenziale, come "prét-à-porter" possibili da pensare. La famiglia sulla quale si lavora col bambino nel gioco, nel disegno, è "la famiglia dell'interiorità ", quella che si costruisce per identificazione all'eroe. L'eroe trova la via, ma sulla sua strada incontra l'aggressore. L'opposizione binaria aggressore/aggredito è facile da reperire per il bambino confuso. Il padre ingiusto, vecchio, sottomesso, assente ed il re, vecchio, superato, permettono tutte le proiezioni edipiche intorno all'immagine del padre e post-edipiche per il bambino nevrotico. Il racconto tratta dei genitori poco contenenti, della rivalità fraterna, della conquista dell’autonomia, ecc... I riferimenti che propone sono buoni da conoscere, le loro rappresentazioni facili da reperire e confermate, in particolare, nelle illustrazioni, quando sono attraenti e di qualità.

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